Sergio Bruni

Sergio Bruni, nome d’arte di Guglielmo Chianese, nasce a Villaricca il 15 settembre 1921 da Gennaro Chianese e Michela Percacciuolo. La sua è una famiglia poverissima e il piccolo Guglielmo, come racconterà lui stesso nel suo libro “Scontri e Incontri”, è costretto a lasciare la scuola a metà della terza elementare perché non ha i libri e ha perso una scarpa dell’uico vecchio paio che possedeva.
A nove anni si iscrive a una scuola serale di musica, istituita per formare la banda musicale del paese. Diventa suonatore di clarinetto a 11 anni, realizzando così la sua prima esperienza da musicista.
Nel 1938 si trasferisce con la famiglia a Chiaiano, comincia a lavorare un po’ come operaio ed entra nel giro di un gruppo di studenti che saranno i primi estimatori delle sue doti canore.
Nel settembre del ’43 Guglielmo Chianese, futuro Sergio Bruni, si trova a casa in licenza di convalescenza, proveniente dal 91° reggimento di fanteria di Torino.
Avuta notizia che a Napoli la gente stava insorgendo contro le truppe tedesche, forma con una decina di giovani della sua età un gruppo di volontari. Si procurarono delle armi e il 29 settembre, con l’aiuto di un capitano d’artiglieria, riescono a sminare il ponte di Chiaiano, minato dai tedeschi.
Sulla via del ritorno si imbattono in una pattuglia tedesca e, in uno scontro a fuoco, viene gravemente ferito.
Trasportato avventurosamente in ospedale su di una “carrettella” si salva la vita per miracolo.
Spinto e aiutato dai suoi amici di Chiaiano, comincia a frequentare la scuola di canto tenuta dal M° Gaetano Lama e dal grande cantante Vittorio Parisi, diventandone subito il vanto.
Dopo pochi mesi, presentato da Vittorio Parisi, debutta ufficilmente come cantante al Teatro Reale di Napoli.
È il 14 maggio 1944.
Ottiene un grande successo ma il giorno dopo l’impresari rifiuta di farlo cantare per non disturbare i suoi “artisti scritturati”.
Il cantante non ha altro lavoro, vive momenti difficili e comincia a frequentare la Galleria in cerca di qualche piccola scrittura che non arriverà quasi mai.
Ma l’anno dopo entra nel mondo della canzone dalla porta principale, vincendo un concorso per voci nuove bandito dalla Rai.
La fase finale si svolge al Teatro delle Palme di Napoli, il 21 ottobre 1945 e Bruni ottiene un vero trionfo, classificandosi primo con 298 voti contro i 43 del secondo classificato.
La vittoria gli frutta un premio di 3000 lire e un contratto con Radio Napoli.
Comincia così a cantare in seguitissime trasmissioni radiofoniche, che andavano in onda dopo lunghe prove i dizione e di canto, sotto la guida del Maestro Gino Campese che dirigeva allora l’orchestra stabile della Radio di Napoli.
Lo stesso Maestro Campese gli suggerirà di il nome d’arte Sergio Bruni per evitare confusione con un altro cantante radiofonico che si chiamava Vittorio Chianese.
Il cantante viene a trovarsi in un contesto di grande professionalità, quale era allora quello degli studi Rai di Napoli ed ha modo di affinare al meglio le sue grandi doti artistiche.
Contemporaneamente si mette a studiare, inizialmente con l’aiuto di un insegnante e poi da autodidatta, come orgogliosamente affrma nella introduzione al suo già citato libro “Scontri e Incontri”.
Il 1948 è per Sergio Bruni un anno cruciale per la sua vita e la sua carriera di cantante.
Il 14 febbraio si sposa con Maria Cerulli che sarà la sua dolce e fedele compagna per tutta la vita e con la quale metterà al mondo quattro figlie.
Nello stesso anno incide per La Voce del Padrone, che resterà la sua casa discografica per un ventennio, il suo primo disco.
Nel 1949, scritturato dalla casa editrice La Canzonetta, partecipa alla sua prima Piedigrotta, le famose audizioni di nuove canzoni che costituiranno per circa mezzo secolo il principale trampolino di lancio per la canzone napoletana.
Ottiene un clamoroso successo con la canzone “Vocca ‘e rose” di Mallozzi – Rendine.
Fra le canzoni lanciate da Bruni negli spettacoli di Piedigrotta sono da ricordare alcuni grandi successi popolari, che resteranno legati al suo nome:
“Surriento d’’e nnammurate” di Bonagura – Benedetto (1950);
“ ‘A rossa” e “ ‘O rammariello” di L. Cioffi e G. Cioffi (1952);
“ ‘A luciana” e “Chitarrella chitarrè” di L. Cioffi e G. Cioffi (1953);
“Vienetenne a Positano” di Bonagura – De Angelis (1955) e “Piscaturella” di Pisano – Alfieri (1956).
In quegli anni Sergio Bruni incomincerà ad imporre il suo stile interpretativo sempre più personale e inconfondibile che gli procurerà un grande consenso popolare, che lo accompagnerà per tutta la sua carriera.
Da l 1952 partecipa a quasi tutti i Festival della Canzone Napoletana, portando al successo canzoni amate e cantate ancora oggi, fra cui vale la pena di ricordare almeno:
“Sciummo di Bonagura – Concina (1952);
“ ‘O ritratto ‘e Nanninella” di Scarfò – Vian (1955);
“Suonno a Marechiaro” di Fiore – Vian (1958);
“Vieneme nzuonno” di Zanfagna – Benedetto (1959).
Si classifica primo nel 1962 con “Marechiaro Marechiaro” di Murolo – Forlani e nel 1966 con “Bella” di Pugliese – Rendine e avrebbe vinto anche il festival del 1960 con “Serenata a Maegllina” di Martucci – Mazzocco, ma si ritirò clamorosamente all’ultimo momento, rifiutandosi di partecipare alla serata finale per una diatriba con Claudio Villa e gli organizzatori.
Sergio Bruni non amava i festival, non sempre vi partecipò e quando la Rai, nel 1971, ritirò le telecamere, impedendone l’ultima edizione, racconta di aver stappato una bottiglia di champagne per brindare all’avvenimento con i suoi familiari.
Nel 1960, al culmine della sua carriera, partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo.
Canta “Il mare” di Pugliese – Vian e. “È mezzanotte” di Testa – C.A. Rossi, entusiasmando tutta l’Italia.
Tutti gli impresari gli fanno la corte ma l’artista rifiuta contratti favolosi per concedersi una pausa di riflessione.
Si ritira nella sua villa di Napoli e stipendia per anni il suo pianista di allora, Gianni Aterrano, per dedicarsi quasi esclusivamente allo studio della canzone napoletana classica.
Riduce drasticamente le sue esibizioni e, fra la rabbia di molti suoi fans, abbandona gradualmente tanti suoi successi.
Il suo repertorio comincerà ad essere costituito sempre più da canzoni classiche.
E da allora continuerà a cantare solo i brani che riterrà più vicini al suo gusto personale e più adatti al suo stile vocale, indipendentemente dall’epoca in cui sono stati scritti.
In tanti anni di carriera Bruni ha legato al suo nome e contribuito a far conoscere a più generazioni tante antich canzoni.
Fra le tante sono da ricordare per le sue interpretazioni almeno “Fenesta vascia”, “La serenata di Pulcinella”, attribuita a Cimarosa e “La rumba degli scugnizzi” di Raffaele Viviani.
Intorno agli anni ’60 Bruni tiene concerti in tutto il mondo, dall’America alla Russia, pur accettando solo una piccola parte delle proposte che gli vengono offerte.
Proverbiali sono il suo rigore e la pignoleria mal sopportati da un ambiente che a questo non è abituato.
Rinuncia, perciò, a fiumi di denaro perché raramente riesce ad ottenere quelle che lui ritiene essere le necessarie garanzie artistiche e organizzative.
Sergio Bruni aveva già scritto la musica di canzoni di grande successo, fra le altre vanno ricordate “Palcoscenico” su versi di Enzo Bonagura (1956) e “Na bruna” con Langella e Visco (1971), ma giunto al massimo della sua parabola artistica come cantante, comincia a porsi il problma della continuazione della canzone napoletana.
Viene stimolato – come ama spesso raccontare – da un articolo apparso su “Il Mattino” nel quale un noto esponente della cultura napoletana dichiara in un intervista che secondo lui la canzone napoletana è morta.
Effettivamente, dopo l’avvento del rock e di altre forme musicali, i tempi non sembrano essere favorevoli.
Tuttavia, ad alcuni amici che lo invitano ad esprimere il suo disaccordo attraverso il giornale, risponde orgogliosamente che risponderà con la musica.
Decisivo è l’incontro con il poeta Salvatore Palomba, comincia a musicarne alcune poesie dal libro “Parole overe”, fra cui “Carmela” che diventerà un classico della canzone napoletana.
È il 1975, un anno dopo viene pubblicato l’album “Levate ‘a maschera Pulicenella” con otto canzoni su versi di Palomba e musiche sue, ispirato alla Napoli attuale.
Contemporaneamente al disco viene realizzato, nell’ottobre del ’76, uno spettacolo televisivo dallo stesso titolo e poi uno spettacolo teatrale.
Il sindaco di Napoli invia all’artista questo telegramma: “Permettetemi di felicitarmi con Voi e con il poeta Salvatore Palomba per la trasmissione televisiva “Levate ‘a maschera Pulicenella”. Particolarmente interessante è il tentativo di liberare la canzone napoletana da folklore deteriore e da sentimentalismo attingendo alla cruda realtà di Napoli e alle drammatiche condizioni di vita del suo popolo costretto ad inventare mille mestieri per non morire.
I nuovi contenuti possono dare vitalità e freschezza poetica a un genere d’arte che le convenzioni accademiche hanno reso sterili e impopolari”: Maurizio Valenzi Sindaco.
Del 1980 è “Amaro è ‘o bene”, altro grande successo del duo Palomba – Bruni, inclusa nel disco “Una voce una città”, che contiene tra l’altro il testo di Eduardo De Filippo “É asciuto pazzo ‘o patrone” musicato da Bruni.
Fra il 1980 e il 1990 Sergio Bruni realizza un’antologia della canzone napoletana che contiene le canzoni da lui più amate nate dal ‘500 in poi e alcune di quelle di sua composizione. Le orchestrazioni sono curate dal M° Roberto De Simone e dallo stesso Bruni.
La prima parte dell’opera (40 brani) viene pubblicata nel 1984 in una edizione in cofanetto con 4 dischi a 33 giri e un libro curato da Robrto De Simone ed è autoprodotta dall’artista.
Sette anni più tardi (1991) la editrice musicale Bideri ripubblica in formato CD e MC il primo cofanetto e vi aggiunge un secondo cofanetto con oltre 40 canzoni, affidando la distribuzione dell’opera su tutto il territorio nazionale alla CGD – Warner.
L’antologia “Sergio Bruni napoli la sua canzone” è così finalmente completata. Nello stesso anno Sergio realizza in collaborazione con Palomba un memorabile spettacolo televisivo con lo stesso titolo dell’opera.
Nel 1957 Sergio Bruni è protagonista del film “Serenata a Maria” per la regia di Lugi Capuano.
Si tratta di un film popolare e di scarso contenuto artistico.
Da allora riceverà molte proposte per film analoghi ma le rifiuterà puntualmente.
Accetterà invece di partecipare come cantante ai film di due grandi registi Billy Wilder (Che cosa è successo fra mio padre e tua madre) del 1972 e Vittorio De Sica (Il viaggio) 1974.
Dal 1960 al 1970 viene preso da una improvvisa passione per la pittura e, come quasi sempre ha fatto, senza maestri e senza scuola alcuna prende i pennelli e fa.
Sergio dipinge per se stesso ma trova anche l’approvazione di alcuni critici, fra cui Paolo Ricci e Gino Grassi, che trovano le sue immagini assai suggestive.
Tiene anche alcune mostre a Napoli e a Roma.
Il comune di Napoli organizza nel 1996 una sua mostra antologica nelle sale del Maschio Angioino.
Nel 1987, edito da Tommaso Marotta editore, esce “Scontri e incontri”, un libro di ricordi autobiografici arricchito dalle sue poesie in dialetto napoletano.
È del 1997 la piccola raccolta di pensieri “Un pensiero al giorno” – Blado editore – che testimoniano eloquentemente quanto cammino ha percorso l’ex ragazzino semianalfabeta di Villaricca.
Nel 1990, il “maestro”, come lo chiamano ormai tutti i napoletani crea, all’interno della sua villa, un’associazione culturale in collaborazione con un gruppo di amici e la denomina “Centro di cultura per la canzone napoletana”.
Qui svolge gratuitamente attività didattiche, insegnando aigiovani canto, chitarra e storia della canzone napoletana.
Fonda, inoltre, sempre sotto le insegne del “Centro” un teatro della canzone in miniatura (25 posti) dove si esibisce insieme ai suoi allievi.
Ai concerti sono invitati ad assistere – sempre gratuitamente – tutti quelli che ne fanno richiesta prenotandosi per tempo.
Voluto dalla sua prima e per lui più importante casa discografica, la Emi (ex La Voce del Padrone), viene pubblicato nel 1994 l’album “Sergio Bruni – La voce di Napoli”.
La raccolta contiene la riedizione di alcune delle sue interpretazioni più significative, fra cui “Il mare”, riarrangiata dal M° Vince Tempera e ricantata per l’occasione e due nuove canzoni con Palomba “Che miracolo Stammatina” e “Napule doceamara”, eseguita insieme alla Nuova Compagnia di Canto popolare.
Il CD è corredato da un libretto che illustra, anche con l’ausilio di alcune foto significative, la vita e la carriera dell’artista.
Nel 1995 “La voce di Napoli” saluta, di fatto il suo pubblico con due memorabili concerti.
Il primo si svolge il 15 agosto nella storica piazza San Domenico Maggiore, alla presenza del sindaco Antonio Bassolino e di diecimila napoletani in delirio.
Il secondo, voluto dal comune di Roma, si tiene il 7 dicembre al Teatro dell’Opera della Capitale.
Gianni Borgna, assessore alle politiche culturali del comune di Roma, scrive nella presentazione del concerto: “Sergio Bruni è “La voce di Napoli”. Una definizione che anche Eduardo De Filippo aveva fatto propria nel dedicargli una poesia… L’appellativo, coniato dal popolo, non viene usato soltanto per indicare un presunto primato ma, soprattutto, per indicare il segno distintivo, l’appartenenza ad un’etnia di cui quella voce è espressione. L’arte di Bruni è, insomma, per i napoletani un misterioso codice che li riporta alle origini della loro antica ansia di canto e quindi, in senso più lato, di poesia”.
Nel marzo del 2000 Sergio Bruni lascia Napoli e la sua bella villa al corso Vittorio Emanuele, che era stata frequentata per tanti anni da artisti e personaggi di ogni genere, oltre che da comuni ammiratori provenienti da tutto il mondo.
Per motivi di salute e di opportunità si trasferisce a Roma, dove vivono due delle sue figlie.